L’incontro di giovedì 7 aprile sul tema delle riviste scientifiche e del loro ruolo nel mondo accademico, svoltosi con la partecipazione del prof. Roberto Barale (prorettore per la ricerca dell’università di Pisa) e del dott. Giuseppe Marcocci (ricercatore a contratto della Scuola Normale Superiore) a rappresentare rispettivamente l’area scientifica e l’area umanistica della ricerca, ha offerto ai dottorandi informazioni preziose.
Dal punto di vista del dottorando che svolge il suo percorso di ricerca, o dello studente che desidererebbe proseguire tale percorso in futuro, è fondamentale pubblicare («Ogni lavoro non pubblicato è un lavoro non fatto», ha ammonito il prof. Barale). Nel panorama internazionale, infatti, sono tre i fattori determinanti che offrono reali possibilità di carriera:
- pubblicazioni su riviste di qualità
- internazionalizzazione, cioè esperienze e stage all’estero, cotutele ecc.
- aver gestito virtuosamente fondi di ricerca.
In Italia siamo piuttosto indietro rispetto a questi standard: i docenti italiani sono qualche volta restii a far pubblicare i loro dottorandi, i legami con l’estero sono spesso lasciati alla sola iniziativa dei singoli docenti o dottorandi e la gestione di fondi di ricerca per i dottorandi è praticamente inesistente. Ragion per cui anche ottimi dottori di ricerca italiani spesso non riescono ad aggiudicarsi borse o posti banditi all’estero, o ad accedere ai fondi europei per la ricerca. Le pubblicazioni hanno un ruolo chiave, in tale quadro. Il lavoro svolto dal dottorando, infatti, si quantifica concretamente nel numero e soprattutto nella qualità delle pubblicazioni realizzate, che costituiscono, insieme agli altri due parametri, la “sostanza oggettiva” dello studioso, il suo vero curriculum. Si comprende dunque come il ruolo delle riviste sia cruciale, in particolare delle riviste di qualità. Sono infatti le riviste di qualità, nazionali e meglio ancora internazionali, quelle che garantiscono visibilità e considerazione. Esistono degli organi addetti alla valutazione delle riviste, a cui si può far riferimento per orientarsi. Ma attenzione, la valutazione delle riviste è a tutt’oggi un terreno scivoloso, in cui non regna un accordo condiviso, soprattutto in campo umanistico. Di fatto in ambito umanistico sono numerosi i fattori di differenza rispetto alle pubblicazioni in ambito tecnico-scientifico: l’assenza di una chiara gerarchia negli obiettivi di ricerca; il forte peso della tradizione, per cui decenni di pubblicazione alle spalle pesano molto sulla ‘fama’ di una rivista e sulla sua circolazione; la permanenza della centralità della monografia, giacché seppur in accelerazione costante, i tempi della ricerca umanistica sono per costituzione più lenti di quelli delle materie scientifiche; infine la pregnanza della differenza linguistica: nessuna standardizzazione renderà mai accettabile che la lettura di Hegel in italiano, o di Michel Foucault in inglese sia qualitativamente paragonabile a quella in lingua originale.
In ogni caso, esistono due indici internazionali riconosciuti, benché il loro uso in Italia sia ancora piuttosto ridotto. L’ISI (Institute for Scientific Information, http://isiwebofknowledge.com/) è un istituto americano fondato nel 1960 da Eugene Garfield, un linguista non a caso, e appartiene oggi a una società privata, la Thomson Reuters Corporation, azienda leader nel settore dell’applicazione tecnologica e commerciale dei risultati della ricerca. Non si tratta, dunque, di un soggetto neutrale, ma anzi interessato alla promozione di una ricerca indirizzata. Oltre a un indice per le riviste scientifiche (SCI – Science Citation Index), l’ISI si è dotato dagli anni Settanta di due indici appositamente umanistici, l’SSCI (Social Science Citation Index) e l’AHCI (Arts and Humanities Citation Index). Ogni due anni pubblica per ciascun indice un report aggiornato.
Vi include solamente le riviste che, oltre a rispondere a una serie di criteri che l’ISI si preoccupa di verificare, vengono ritenute RILEVANTI per la disciplina. I criteri sono:
- puntualità della pubblicazione
- presenza di un comitato editoriale
- presenza di un comitato dei referee internazionali
- rilevanza, calcolata attraverso la Citation Analysis (frequenza delle citazioni all’interno degli articoli sulle riviste interne al database)
Le riviste non rilevanti rimangono comunque disponibili all’interno del database. Nonostante l’ISI rivendichi l’internazionalità, i suoi indici contengono quasi solo riviste americane e inglesi, o comunque legate a paesi anglofoni.
In risposta alla difficoltà di circolazione delle riviste europee umanistiche, soprattutto non anglofone, nel 2002 l’European Science Foundation (http://www.esf.org/ ) ha lanciato un programma per un indice di valutazione più aperto alle riviste europee (in tutte le lingue dell’UE), l’ERIH (European Reference Index for Humanities), che dal 2007 pubblica il suo report ogni due anni (ora siamo al secondo: 2008-2009), sulla base dei giudizi espressi da referees suddivisi per quindici settori, in collaborazione con lo SCH (Scientific Committee for the Humanities).
Ad oggi, non esiste un motore di ricerca sulla valutazione delle persone in ambito umanistico, mentre per le riviste si può andare sui siti degli istituti su indicati:
ISI http://isiwebofknowledge.com
ESF http://www.esf.org/research-areas/humanities/erih-european-reference-iindex-for-the-humanities.html
Un secondo tema dell’iniziativa ha riguardato i database di riviste (open source oppure no) come http://arxiv.org/, http://www.sciencedirect.com, oppure http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/ e il loro ruolo, ed il potere “accademico” di società che gestiscono riviste e/o conferenze come http://www.apsanet.org, http://www.ieee.org. È emerso quanto segue.
Sono molto rari gli archivi open source di riviste umanistiche cartacee (soprattutto per la resistenza delle case editrici), così come è comparativamente assai meno sviluppata la circolazione di riviste umanistiche su internet, rispetto a quelle scientifiche. Anche qui, la spiegazione ha a che fare con l’assenza di una chiara gerarchia e la forza delle rispettive tradizioni nazionali. I principali archivi di riviste umanistiche (MUSE, legato alla Johns Hopkins University Press – ca. 400 riviste; JSTOR, legato a ITHAKA, organizzazione no profit – oltre 1000 riviste, non solo umanistiche; CAIRN, legato a quattro case editrici francesi [Belin, De Boeck, La Découverte, Erès], poi in collaborazione con la Bibliothèque Nationale de France e altri soggetti istituzionali, tra cui la società che ha in gestione l’Università di Liegi) sono accessibili tramite varie tipologie di abbonamento spesso costose, sottoscritte da biblioteche universitarie, o da privati (che in molti casi acquistano anche singoli articoli).
L’effetto degli archivi digitali è quello di rendere più visibili e più facilmente accessibili alcune riviste rispetto ad altre, a partire da quelle in lingua inglese, ma non solo. Gli archivi digitali tendono ad offrire alle maggiori case editrici la disponibilità a inserirne le riviste sui loro database. Tendenzialmente, vi si trovano solo riviste attive e di livello medio-alto, ma non tutte. Distinguiamo le società che gestiscono riviste (la più potente in campo umanistico – e non solo – è l’olandese Elsevier) da quelle che organizzano conferenze, o meglio l’informazione e la divulgazione di eventi scientifici di vario tipo, come call for articles, call for papers, ecc. (uno dei siti migliori è l’americano H-net). Elsevier è un mostro che pubblica ca. 2000 riviste e circa 1.900 libri all’anno, oltre a fornire strumenti elettronici prevalentemente rivolti all’area scientifica. Da questo punto di vista, i suoi archivi digitali svolgono un ruolo di diffusione delle riviste che pubblica, configurando così una condizione di potenziale monopolio. Il caso di H-net è diverso: qui si tratta soprattutto di uno strumento di comunicazione, che consente di raggiungere una vasta comunità (anglofona) di abbonati alle news e consultatori del sito. È una delle poche vie impersonali attraverso cui entrare in contatto con la comunità scientifica internazionale e saggiare l’interesse di una propria proposta (un numero monografico di rivista, un convegno, ecc.). Il mondo umanistico soffre di una disponibilità di risorse molto più esigua di quello scientifico e non vede quasi investimenti privati, dunque praticamente non esistono società che organizzano conferenze.
Per ulteriori informazioni è possibile consultare ad esempio le voci di wikipedia
Impact factor
Indice H
E consultare (e provarne l’utilizzo)
http://www.scopus.com/home.url
http://isiwebofknowledge.com/ alla voce product access.